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domenica 15 agosto 2010

Esperienza diretta

Ricevo dai miei amici giudici Olcese questo bel resoconto scritto da Elisabetta Iurilli e pubblicato sul portale di Genova di Corsa. Non possa fare altro che pubblicarlo anch'io facendo i miei più sinceri complimenti all'autrice del pezzo che con il suo scritto ci fa vivere da dentro la Marcia della Luce.
.

"La marcia della luce a Chiale.
Guardando fuori dal finestrino dell’auto mentre scendo a valle da Masone, ho spesso notato una
bella chiesa in mezzo a tanto verde, ma mai mi è venuto in mente di scoprire di che edificio si
trattasse.
E’ così che vado a scoprire piccole e grandi realtà non distanti dal posto dove vivo. Partecipando a questa o quella gara in calendario.
La marcia della luce inizia alle nove, quando il chiarore del cielo viene a morire e si apre l’oscurità del cielo, particolarmente bello in questo periodo estivo, ricco di stelle brillanti, che fra poco saranno anche cadenti.
Penso che lo stesso cielo sarà osservato da chi sta finendo di correre il trail dei Fieschi, o si gusta il meritato riposo post gara. Il cuore podistico è là, a quella gara a cui, vista la distanza e l’orario di lavoro, non ho potuto partecipare.
Ma qui c’è una nuova impresa, una nuova sfida da portare a termine.
Ci si ritrova nella piazza antistante alla chiesa di S. Lorenzo. L’auto lasciata ai piedi della salita.
Mi dicono che la stessa salita che sto facendo ora per giungere alla zona iscrizione, costituirà
l’ultima fatica del percorso di gara. “Ma perché si finisce sempre salendo?” gli ultimi metri sono
sempre i più difficili, mi piacerebbe talvolta chiudere in maniera un po’ più decorosa rispetto al
solito … ma il pensiero alla fatica comune, alla fatica condivisa, mi consola.
Ci si ritrova sul ponte adornato di bandierine. Non siamo in tanti, Claudio mi racconta di quando il ponte veniva riempito tutto dai podisti ammassati prima della partenza. Questa marcia è alla sua trentottesima edizione, una delle competizioni più “antiche” qui a Genova.
Ed ecco lo start, ci si vede ancora quando inizia la salita che porta a Fiorino.
Si sale per tutto il tempo, e le salite liguri sono diverse dalle piemontesi, la conformazione della
nostra regione fa sì che l’asprezza venga fuori fin da subito, non pian piano come sulle colline.
Il distacco con i primi si fa sentire sempre più, ed io che in salita annaspo lo sento particolarmente. I polpacci bruciano, passo Fabbriche, continuo testarda e provo a dirmi che mi fa bene, che è un ottimo allenamento, che ne ho bisogno, ma la fatica si fa sentire sempre più. Una bellissima e vecchia Cinquecento decappottabile mi annuncia che il primo sta scendendo. Dietro il corridore, a mangiare il fumo dell’auto e a correre a più non posso per la discesa. Il corpo si muove esile e veloce, dietro di lui non vedo nessuno …
Ma dopo alcuni metri ecco gli inseguitori in gruppo giù veloci. La mia corsa è ancora in salita, le
tenebre ormai hanno la meglio, e nel taglio delle curve si cerca di non darci fastidio tra chi scende e chi sale, anche se non sempre ci si riesce.
Cerco con lo sguardo i miei amici, “quelli della Valle” e Claudio, pronta a fare il tifo. Sono bravi,
non ne hanno bisogno, ma certe volte una parola urlata controvento è quella che ti dà la forza per dare ancora di più il tuo meglio.
E queste parole vengono anche per me. Sono di incoraggiamento, suggerimenti su come è meglio affrontare questo o quel pezzo, sono carezze al cuore.
Battiti di mani a Fiorino dove finisce la salita, la piazza della chiesa è in festa e illuminata.
Ho bisogno di luce, sto correndo nelle tenebre, non ci sono abituata, ho tenuto anche gli occhiali per paura di perdermi …
E giù la discesa a me più congeniale, rotolo, e curva dopo curva mi accorgo che la strada è lunga, non riconosco i posti, col chiaro erano diversi forse, spero solo di rivedere al più presto il ponte con le bandierine … il Garmin è in botta, non mi avvisa più col suono sui chilometri percorsi, non so quanto manca, vado un po’ in paranoia …
Ma finalmente lassù in alto vedo una splendida chiesa illuminata. Penso che quando arriverò lassù di certo vedrò anche tutto il Presepe … ma è l’ultima fatica.
Sono stanca morta, abbozzo una camminata a passo veloce ma vengo sgridata “Sei una runner!” e per incanto mi rimetto a correre, capendo che dentro ne ho ancora per quegli ultimi stramaledetti metri in salita … "

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